di Yorgos Lanthimos
con Colin Farrell, Rachel Weisz
Colin Farrell sembra essersi specializzato in film kafkiani. In questa soffocante opera di Yorgos Lanthimos si rimane in apnea gran parte del tempo, oppressi dalle regole folli di due società contrapposte che alternativamente obbligano o vietano i rapporti di coppia e soprattutto l’amore, gareggiando in ferocia nella punizione per i trasgressori. Gli unici momenti di respiro sono trasgressioni segrete inevitabilmente sanzionate da atroci retribuzioni. La trasformazione degli esseri umani in animali e il rito sacrificale della caccia, come anche la vista limitata della protagonista femminile, ricalcano altrettanti fantasmi ricorrenti per questo regista, simboli e metafore evocative nel suo disegnare il mondo e i rapporti umani. E il disegno è ben definito: un’orgia di ipocrisia e di ordinata, organizzata negazione della più semplice libertà umana, quella di amare senza regole. Il messaggio appare tanto limpido quanto sconfortante: qualsiasi società, qualsiasi gruppo, non può che temere e demolire la potenza intrinseca nella capacità di amare in modo libero propria degli individui. Dovrà quindi costringerla con ogni mezzo, anche il più bieco e feroce, dentro schemi e regole e divieti che la snaturano, la depotenziano, ne disinnescano la forza trasformandola in un dovere canonico, noioso, ipocrita. La scena finale, la decisione che deve esser presa, riassume e riporta sul singolo lo stesso dilemma dei gruppi: amare davvero e affrontare i danni permanenti che comporta o fingere soltanto, recitare una parte e perderne la potenza? Ciascuno deve deciderlo, da solo.
Kafkiano