Il monito di Marilyn Manson
Categoria: Recensione
12 Dicembre 2022
Considero Marilyn Manson l’espressione più iconica della sofferenza spirituale imposta agli esseri umani dalla società capitalista. Inoltre, penso che rappresenti il risveglio spirituale più avvincente ed efficace che dovremmo ricevere. Nella sua produzione osservo una profonda e feroce ricerca del magico, del vero, del profondo, tanto nel reame corporeo quanto in quello simbolico – ed inevitabilmente spirituale.
La maggior parte delle persone percepisce dall’arte di MM solo gli elementi estremi, blasfemi e bizzarri. La reazione è solitamente molto polarizzata: alcuni si innamorano semplicemente dell’iconografia trasgressiva, maledetta e ribelle, altri la rifiutano in blocco considerandola avvelenamento spirituale. Non posso essere meno d’accordo con quest’ultimo giudizio. In realtà, gli elementi indubbiamente anticristiani mi paiono incidentali e pretestuosi. Veicoli semmai di un più ampio risentimento antireligioso e nello specifico di profondo disgusto per l’ipocrisia che accompagna i credo religiosi di massa.
Osservando i testi delle canzoni, le scene e la simbologia dei video musicali e degli spettacoli, traggo la chiara sensazione che Manson non stia affatto combattendo gli aspetti spirituali della religione. La mia impressione è esattamente l’opposto, ovvero che stia denunciando sfacciatamente la mancanza di spiritualità e la falsità di ogni ritualismo socio-religioso-bigotto. Colpendo ferocemente i simboli più comuni della fede e della devozione religiosa, mostra quanto sia dolorosamente priva di spirito l’intera chiesa del consumismo.
Altro aspetto che apprezzo assai di questo artista è come, nelle sue canzoni e performance, Manson non si ponga fuori dalla mischia. Al contrario, espone la propria angoscia sia nella forma di una rabbia straordinaria quanto in quella di una disperazione profonda e inconsolabile. Facendo letteralmente spettacolo della propria sofferenza, esibisce al pubblico non solo l’ampiezza del danno che – come essere umano – riceve dall’ipocrisia della società, ma anche la sua incrollabile volontà di affrontarlo, analizzarlo e in qualche modo consumarlo.
Da questo punto di vista, non trovo offensivo né blasfemo l’atto di raffigurare se stesso come un Cristo crocifisso. Coloro che fermandosi alla visione superficiale ne sono offesi, sono i più bisognosi di tale provocazione e al tempo stesso il bersaglio designato della rabbia artistica di Manson.
Un tema ricorrente nella narrativa di Manson è l’atto del suicidio o altre esperienze autolesionistiche. Anche in questo caso non condivido l’accusa a lui ricorrente di indurre i più giovani a tali comportamenti. Ascoltando, mi pare chiaro ciò che Manson afferma: quando non è loro permesso sviluppare il proprio sé individuale, i giovani sono già morti, vittime di un genocidio di massa spirituale, generato dal tragico matrimonio tra cultura consumistica e ipocrisia religiosa. Come per i parafernalia anticristiani, ritengo che il suicidio e i comportamenti dannosi siano raffigurazioni della sofferenza imposta alle generazioni più giovani dalla società.
Ancora, Manson è chirurgico nel rappresentare come la sofferenza giovanile ed i suoi esiti catastrofici divengano nutrimento per lo stesso sistema sociale che li ha generati. La funzione di rinascita implicita nel concetto di morte, quel che allo stato naturale è il ciclo ininterrotto dell’esistenza, diventa un freddo meccanismo artificiale in cui la società, ipocrita e spietata, distrugge i più deboli per giustificare il proprio sistema di potere. La sofferenza e la morte dei più giovani diventano cibo per la macchina del mercato. Cibo consumato tramite ipocrite esibizioni di pena e preoccupazione, rivomitato come fede morbosa e commercializzato come audience televisiva.
“Some children died the other day
We fed machines and then we prayed
Puked up and down in morbid faith
You should have seen the ratings that day”
The Nobodies, album Holy Wood (2000)
Essendo una rockstar, Manson sfrutta il sistema dello spettacolo esponendone l’orribile meccanismo antiumano. Più oltraggiosa è l’immagine che mostra, più successo gli garantisce il sistema, a più persone viene svelata la vera natura dello spettacolo. Manson è in realtà il miglior testimone d’accusa contro quel medesimo apparato dello spettacolo che lo mette nella posizione per esporre tutto ciò. La sua denuncia degli abusi e della depravazione dello star system è esplicita e dichiarata.
A riguardo, il suo accesso alla mente delle giovani generazioni è tutt’altro che una forma di programmazione all’acquiescenza o all’obbedienza verso il sistema. La profondità poetica e la brutale veridicità delle sue descrizioni del sistema sociale e del mondo dello spettacolo stimolano la mente dei ragazzi alla critica e alla profondità di pensiero – certamente molto più della vuota retorica analgesica della consueta musica mainstream. In questo, Manson si rivela degno erede dei musicisti ribelli e dannati che hanno costruito la storia del rock negli anni 70 e 80.
“The drugs, they say, make us feel so hollow
We love in vain, narcissistic and so shallow
The cops and queers, to swim, you have to swallow
Hate today, no love for tomorrow”
The Dope Show, album Mechanical Animals (1998)
Un altro tema in cui considero Manson particolarmente ispirato e profondo è quello dell’abuso di droghe. Per quanto la nostra società fornisca abbondanza di analgesici nei nostri stili di vita per nascondere il dolore spirituale, artisti come Manson rifiutano – o forse chimicamente non riescono, chissà – di accontentarsi degli effetti paralizzanti delle droghe. L’analisi di questa dipendenza sociale è limpida e spietata, senza fronzoli e decorazioni. Così che, pur indulgendo ampiamente nell’abuso farmacologico, Manson mantiene una mente acuta e lucida. I suoi testi esortano l’ascoltatore al pensiero molto più della provocatoria scenografia del suo spettacolo.
“A pill to make you numb,
A pill to make you dumb
A pill to make you anybody else
But all the drugs in this world
Won’t save her from herself”
Coma White, album Mechanical Animals (1998)
Brutalmente sincero, pur parlando dal ventre di un sistema di bugie, Manson espone la menzogna facendola emergere in superficie. Così espone le contraddizioni più dolorose della società occidentale, con particolare attenzione alle credenze imposte, all’abuso di droga che distrugge l’anima, alla censura sistemica della libera espressione individuale, all’adesione collettiva alla falsa correttezza, che si traduce nel bispensiero orwelliano. Attraverso tutto questo, l’artista riassume come la società stia diventando totalmente anti-umana, come essa demolisca ogni anelito di originalità, speranza, vitalità e tensione spirituale. Cavalcando sapientemente le leggi dello spettacolo, Manson giunge al suo zenith incarnandosi metaforicamente nella figura sinistra di un meritato anticristo, deciso a portare l’apocalisse su una specie umana ormai traditrice di se stessa.
“Anti peace and anti life
Anti husband, anti wife
Anti song and anti me
I don’t deserve a chance to be
Anti people, now you’ve gone too far
Here’s your Antichrist Superstar”
Antichrist Superstar (1996)
Come sorta di rimedio sociale omeopatico, Manson raffigura se stesso mentre sopporta e restituisce il dolore che la nostra società sta imponendo a tutti noi, lo trasforma ed esprime in forma artistica. Colpendoci con intensità insopportabile, induce il pubblico a svegliarsi dal sonno spirituale in cui tutti siamo stati spinti. Quindi, non dimenticando bensì includendo precisamente tutti gli elementi satanici e perversi che sono una firma della sua arte, Manson è a mio avviso una delle espressioni più chiare della brama spirituale dell’essere umano, e allo stesso tempo un monito e una sentenza contro il danno che tutti subiamo negando questa necessità ed affogando nei consumi la desolazione spirituale che ci viene imposta.
Se mai i cantori hanno avuto un messaggio criticamente importante da passare agli ascoltatori della propria epoca, Marilyn Manson certamente lo ha e lo grida con tutte le sue forze. A chi sente spetta il compito di ascoltare e comprendere il suo grido di allarme, senza lasciarsi accecare dalle maschere e dai toni terrificanti che lo accompagnano.
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