Tempo di evolvere
Categoria: Articolo
13 Aprile 2021
Ho ribadito milioni di volte ormai che per riprendere il possesso delle proprie esistenze è essenziale arrivare a comprendere i processi senza farsi distrarre dai contenuti. Per comprendere ciò cui stiamo assistendo e partecipando, dunque, a mio parere è necessario metterne a fuoco il processo, senza farsi distrarre dai contenuti che vi scorrono dentro. Siamo di fronte a un processo epocale, di portata globale. Noi tutti siamo oggi testimoni e protagonisti di un momento evolutivo di massa, qualcosa che molti hanno già definito una vera e propria speciazione. Di quale specie stiamo parlando? Di quella umana. E di quale processo stiamo parlando? Stiamo parlando del superamento della paura di morire.
La semplicità, l’evidenza, con cui oggi questo passaggio evolutivo si presenta ai nostri occhi, sono al tempo stesso esemplari e spietate. In termini percettivi, la morte ci è stata letteralmente portata sulla soglia di casa, nella forma e nella sostanza spettrale di un contagio. Ci è stato detto: ecco la morte, che arriva per ghermire te e i tuoi cari. Ma se ti sottometti al mio volere, verrai salvato. Cancella la tua faccia, la tua identità. Rinuncia a poterti spostare. Rinuncia a toccare o abbracciare altri esseri umani. Rinuncia al contatto umano. Rinuncia al tuo libero respiro. Vivi immerso nella paura, in attesa dei miei ordini, e sarai salvato.
Non voglio qui discutere quanto di tutto ciò sia reale, quanto sia vero, quanto sia un inganno, e da parte di chi, verso chi. Fondamentalmente, non me ne importa niente. La realtà è ciò che crediamo essere, e ciò che crediamo non è definito da quella razionalità con cui ci balocchiamo costantemente ritenendoci “evoluti”. Crediamo reale ciò che risponde alle nostre più profonde esigenze. Ecco perché una parte della popolazione ha risposto: sì, salvaci, proteggici, obbediremo a qualsiasi tuo ordine pur di non morire. Perché ciò risponde alle loro più profonde esigenze, che niente hanno a che vedere con razionalità, scienza, medicina, salute e via discorrendo. Tutto ciò è orpello, decorazione, trucco. Alla base c’è soltanto e semplicemente la paura della morte, l’incapacità di accettarla come parte di ciò che siamo.
Un’altra parte della popolazione, messa di fronte a tutto ciò, ha risposto diversamente. Ha risposto: no. Non rinuncerò a vivere per paura di morire. E questa scelta, questa divisione, è precisamente quel bivio incolmabile di cui parlo da qualche tempo. Un Great Divide, un Grande Bivio aperto da questa fase evolutiva, da questa speciazione dell’essere umano.
Chi legge avrà forse già percepito la somiglianza con alcuni tratti e promesse tipicamente religiose: credi in me e ti salverò, obbedisci a me e non morirai. Ebbene, la nudità di ciò che stiamo vivendo esibisce quanto tali promesse fossero soltanto un alibi. Un mantello dietro cui nascondersi. Oggi ogni finzione di spiritualità è crollata e questo processo si esibisce nella sua completa nudità. Oggi ne vediamo lo scheletro totalmente meccanico, nella forma e nella sostanza di un Terminator, un robot senz’anima. L’anima è scomparsa da esso, resta solo il corpo, senza alcuno spirito. E solo il corpo infatti promettono oggi di salvare, in cambio dell’obbedienza.
Ecco dunque che questa evoluzione è primariamente proprio spirituale. Abbandonare le promesse di un garante esterno, abbandonare le sicurezze offerte in cambio della rinuncia a scegliere. E riprendersi, una volta e per sempre, la responsabilità di esistere, di decidere, persino di sbagliare, e sperabilmente imparare dai nostri errori. Smettere di aver bisogno di un padre-padrone che decida per noi. Diventare adulti: anche nello spirito.
Questo percorso, questo momento evolutivo, si ripresenta costantemente sotto ogni profilo e in ogni forma, incarnandosi fin nel dettaglio di ogni genere di contenuto degli eventi presenti. Esso emerge in ogni istanza che viene formulata. La prima è più evidente: poter decidere per la nostra stessa salute. Rifiutare che qualcuno scelga per noi quali rischi dobbiamo correre e quali no, rifiutare che ci tenti di obbligare a queste scelte con ricatti, premi o punizioni, come fossimo dei bambini capricciosi da educare all’obbedienza. In ambito economico: rifiutare che qualcuno decida per noi quali regole debbano definire lo scambio di beni e servizi, pretendendo gabelle su di essi. Vogliamo l’autonomia economica, la possibilità di scegliere in cosa impiegare le nostre energie e di usarne il ricavato per soddisfare le nostre esigenze, liberi da obblighi e restrizioni che altro non sono che la volontà di controllo di una autorità sui propri sudditi. Cosa pretendiamo dalla scuola? Che smetta di insegnare a funzionare, ad obbedire come ingranaggi per la società e diventi il luogo in cui si impara ad essere padroni e protagonisti della propria vita. Tutto ciò si riassume nel medesimo processo: assumere responsabilità sulle nostre esistenze.
Se una parte della popolazione umana non è pronta per diventare adulta, se trova ancora necessario avere un padrone, qualsiasi padrone, che gli detti regole e definisca l’universo, il giusto e lo sbagliato, l’alto e il basso, obbligando tutti all’obbedienza, coloro che ne fanno parte continuino a vivere in questo mondo percettivo e nella loro distopica controparte reale. Noi abbiamo superato la paura di morire, e per questo siamo pronti ora ad affrontare le nostre esistenze responsabilmente, ciascuno di noi decidendo per se stesso e poi giungendo ad accordo per vivere collettivamente. Ma come scelta, come assunzione di responsabilità. Non per obbligo, non per alleviare la paura, non sotto minaccia. Perché ormai la minaccia per noi non vale più: non abbiamo più paura di morire.
E su questo punto voglio chiudere con un monito: faccia attenzione chi, terrorizzato da questa speciazione, ci veda come una minaccia e pensi di doverci combattere. Noi non temiamo più la morte. Coloro che non temono la morte, diventano invincibili.
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