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la guerra di facebook

La guerra di Facebook

Facebook raccoglie ad oggi quasi tre miliardi di utenti, per cui che ci piaccia o meno è uno dei più potenti strumenti di diffusione di informazione, ragionamenti, notizie e opinioni.

Non è accettabile che l’opinione pubblica mondiale venga indirizzata da un ente privato a suo piacere su alcune opinioni e censurata dalla possibilità di esprimerne, valutarne, condividerne e diffonderne altre. Non è accettabile che un ente privato stabilisca che alcune notizie vengano diffuse e altre oscurate. Non è accettabile che un ente privato decida che alcuni individui possano farsi sentire e altri vengano zittiti ed oscurati.

Su questo occorre agire, al più presto e in modo deciso, perché non si tratta qui di principi astratti, ma di ricadute dirette sulla vita concreta.

Nessuna delle folli derive politiche, sanitarie, economiche e persino militari attualmente in atto sarebbero possibili senza una opinione pubblica pilotata e addestrata a pensare a comando.

Qui non si tratta di un post o di un individuo, si tratta delle basi della democrazia stessa: che etimologicamente significa letteralmente “il potere del popolo”.

Che potere è, se un ente privato può decidere in che recinti esso debba esistere, su che temi possa svilupparsi e confrontarsi, entro quali percorsi possa esprimersi, chi vi possa partecipare e chi ne venga escluso, di che cosa si possa parlare e di che cosa no?

Vi potrà parere esagerato, ma la democrazia è minacciata assai meno da fucili, carri armati, bombe e cannoni. L’arbitrio della forza può infatti cancellare temporaneamente le funzioni della democrazia, ma il controllo della formazione dell’opinione pubblica ne cancella la stessa radice a partire dalle nostre menti.

A tutti gli effetti, che ce ne siamo accorti o meno, proprio ora e proprio qui sui social, siamo tutti in guerra.

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