La paura di gioire
Categoria: Articolo
24 Gennaio 2025
Trovo interessante quante persone abbiano passato decenni a constatare con rammarico che nessuna forza politica, partito o personaggio si esponeva contro un sistema dominante, e quando questo avviene borbottano che tanto ormai è tardi, che è solo propaganda, che non serve a niente, che non si fidano e simili.
Vediamo un esempio attuale. Da parecchi anni una enorme quantità di persone non era affatto contenta, e spesso protestava in modo vibrante perché i media, gli intellettuali, la politica e le istituzioni forzavano sempre di più la mano su una serie di tematiche, ad esempio:
Lo so, lo so: ho tralasciato molti altri temi scottanti ed alcuni li ho esposti maluccio, ma il mio ragionamento non riguarda i contenuti. Servono solo come esempi, non contano nulla in se stessi in questo post. Provate a fare questo sforzo ed osservare il processo, non i singoli contenuti.
Il processo di cui parlo è questo: per anni, in alcuni casi decenni, molti di voi hanno sofferto queste cose e protestato perché nessuna forza politica, istituzione o centro di potere rappresentava la vostra contrarietà e combatteva queste derive. Negli ultimi quattro giorni, il neo eletto Presidente Trump ha firmato ordini esecutivi che riguardano ciascuna di queste questioni e invertono con fermezza ciascuna di queste tendenze. Riguardo ai punti sopra elencati, ad esempio:
A fronte di tutto ciò, una delle reazioni ricorrenti che leggo e sento, proprio tra chi queste cose richiedeva da tempo, è un coro di: “tutte cose già risapute”, “è solo il poliziotto buono”, “tanto ormai non serve più”, “è solo propaganda”, “lo fa perché gli conviene”, “andava fatto prima”, “non mi fido di lui”, “non cambierà niente” e similari.
Ed io a costoro domando, ma che cosa volete di preciso?
Certo, Trump non è il salvatore del mondo, ma è lo stesso il Presidente degli Stati Uniti e vi sta dando ragione. Sta facendo molte delle cose che ritenevate impossibile fare. Sta letteralmente esaudendo le richieste che avanzate da anni, o decenni. Va bene, ce ne sono molte altre altrettanto importanti che non sta facendo. Non sta riconoscendo che Israele massacra civili in Palestina, non sta discutendo la versione ufficiale dell’allunaggio, sulle vaccinazioni pediatriche non ha ancora detto / fatto nulla, e sono il primo a capire che non è soltanto costruendo un muro e cacciando a calci i clandestini che delinquono che si risolve il problema immigrazione, ma tra lo scenario degli anni che abbiamo vissuto in cui non c’era alcun possibile respiro per tutte le nostre istanze e questo improvviso enorme mutamento di narrazione, non vi pare ci sia spazio per festeggiare?
Perché allora non gioirne? Gioire di una vittoria non implica mica sposare a vita chi ve l’ha offerta. Non significa mettersi nelle sue mani, diventarne fanatici sostenitori né divenire ciechi sui suoi errori passati, presenti o futuri. Ma che senso ha rifiutare persino di riconoscere che un miglioramento c’è ed è evidente?
La mia impressione è che molti contestatori abbiano semplicemente sposato la posizione di contestatore. Si siano affezionati, negli anni, a questa condizione di minoranza, che vede i giochi dei potenti come eternamente e inevitabilmente malvagi, infidi e falsi. Ed ecco che la stessa idea di speranza viene avvelenata, diventa un grave errore strategico, perché apre ad ulteriori potenziali delusioni. Molti contestatori hanno eletto per se stessi un’identità perennemente insoddisfatta, sospettosa, che fa del lamento la propria ragion d’essere. E così facendo oscurano le proprie stesse esistenze. Abbassano il livello delle proprie frequenze, e per timore di esporsi ad una nuova delusione, alloggiano costantemente e insistentemente proprio nei toni emotivi della delusione.
Ma quando si combatte, lo si fa per vedere la vittoria. Per godere della pace, seppur temporanea, che può seguirne. Non si combatte per continuare a combattere all’infinito. Quando il lamento diventa una manifestazione esistenziale, la guerra l’avete persa dentro di voi, sempre e comunque.
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Perché non gioire di una vittoria? Molti contestatori hanno sposato un’identità perennemente insoddisfatta, sospettosa, che fa del lamento la propria ragion d’essere e cancella la speranza per evitare delusioni.
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